#11 La delusione come soglia: abitare il fare tra giudizio e fedeltà

Pubblicato il 21 ottobre 2025 alle ore 15:31

Ci sono ferite che non vengono da eventi drammatici, ma da gesti quotidiani. Uno sguardo che giudica, una parola detta alle spalle, un silenzio che esclude. La delusione non nasce solo dal fallimento, ma spesso dal comportamento degli altri — da ciò che ci aspettavamo e non è arrivato, da ciò che ci è stato tolto senza motivo. Questo blog è un attraversamento: uno sguardo su quella stanchezza che nasce dal sentirsi fraintesi, giudicati, isolati. E su come, nonostante tutto, si possa continuare a fare.

La delusione come ferita relazionale

La delusione non è solo un sentimento passeggero: è una ferita che tocca il desiderio. Quando si agisce con passione, con dedizione, con cura — e si riceve in cambio pettegolezzo, superficialità, esclusione — qualcosa si incrina. Non è solo il gesto degli altri a ferire, ma il senso che viene meno. Ci si chiede: “A cosa serve fare, se poi viene travisato?” E quella domanda, se non trova ascolto, può spegnere il desiderio.

Il potere distruttivo delle chiacchiere

Le parole hanno un peso. Quelle dette alle spalle, quelle che riducono, quelle che semplificano ciò che è complesso — possono rovinare relazioni, progetti, percorsi. Il pettegolezzo non è innocuo: è un gesto che esclude, che divide, che crea distanza. Chi ne è vittima spesso non sa come reagire, perché il danno non è visibile, ma profondo. Eppure, proprio lì, può nascere una scelta: quella di non lasciarsi definire da ciò che viene detto, ma da ciò che si sa essere.

Il rischio di smettere di fare

Quando la delusione si accumula, il rischio è quello di smettere. Di non proporre più, di non esporsi, di non credere che valga la pena. È una forma di difesa, ma anche di perdita. Perché smettere di fare significa lasciare che il giudizio vinca, che la superficialità abbia l’ultima parola. E invece, proprio in quel momento, serve una presenza che riconosca, che sostenga, che ricordi il senso.

Conclusione

La delusione non si evita, ma si attraversa. Non si tratta di diventare indifferenti, ma di scegliere cosa ci definisce. Le chiacchiere passano, i giudizi cambiano, ma ciò che nasce dal cuore resta. Continuare a fare, nonostante tutto, è un atto di resistenza. E forse, anche di fede: nella relazione, nel senso, nella possibilità che qualcosa di vero possa ancora accadere.


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