
Il silenzio è spesso frainteso. Lo si interpreta come vuoto, come mancanza, come interruzione. Eppure, in molte situazioni, il silenzio è un segno. Un gesto che comunica, una scelta che orienta, una presenza che non ha bisogno di parole.
Silenzio che protegge
Ci sono momenti in cui il silenzio è una barriera sottile.
Non per nascondere, ma per difendere ciò che non è ancora pronto.
È una forma di contenimento, un modo per tenere al riparo ciò che è fragile.
Chi lo incontra deve saperlo rispettare, senza forzarlo. Non tutto ciò che tace è chiuso. A volte è solo in attesa.
Silenzio che orienta
Il silenzio può anche essere una soglia. Non indica una direzione, ma la prepara.
È il tempo in cui si decanta il pensiero, in cui si lascia sedimentare ciò che è stato vissuto.
Non è passività, ma disponibilità.
Chi sa sostarvi dentro, senza fretta, scopre che il silenzio non è vuoto: è spazio.
Silenzio che accompagna
Nella relazione, il silenzio è presenza discreta.
Non cerca di risolvere, ma di stare. È il modo in cui si riconosce l’altro senza invaderlo.
Non è mancanza di parola, ma rinuncia al superfluo.
È lì che si costruisce fiducia, senza spiegazioni, senza urgenze.
Conclusione
Il silenzio non è ciò che interrompe la parola, ma ciò che la prepara.
È il luogo dove si custodisce l’essenziale, dove si lascia maturare ciò che non può essere detto subito.
Chi sa riconoscerlo, chi sa abitarlo, chi sa rispettarlo scopre che il silenzio non è mai vuoto.
È un segno. E come ogni segno, chiede di essere letto, non riempito.
Aggiungi commento
Commenti